La fiducia nel sistema giudiziario è un pilastro fondamentale di ogni società democratica. Quando questa fiducia vacilla, a causa di inefficienze, errori o, peggio ancora, condotte illecite, le conseguenze si ripercuotono sull’intero tessuto sociale, minando la certezza del diritto e alimentando un senso di frustrazione e ingiustizia. In Italia, il termine malagiustizia racchiude una complessa realtà fatta di ritardi cronici, sentenze discutibili e, purtroppo, anche episodi di corruzione che gettano un’ombra inquietante sull’operato di una parte della magistratura. (continua a leggere)
Uno degli aspetti più preoccupanti è rappresentato dalla corruzione all’interno del sistema giudiziario. Sebbene la stragrande maggioranza dei magistrati operi con onestà e dedizione, i casi isolati di magistrati corrotti e giudici corrotti erodono la credibilità dell’intera categoria. Quando la toga viene macchiata da interessi personali o da influenze esterne, l’equità del processo e la fiducia dei cittadini nella terzietà del giudizio vengono seriamente compromesse.
Parallelamente, il fenomeno delle truffe processuali rappresenta un’ulteriore ferita per il sistema giustizia. La manipolazione delle prove, le false testimonianze e le strategie dilatorie possono condurre a sentenze ingiuste, privando le vittime di un risarcimento adeguato e lasciando impuniti i colpevoli. I numerosi casi di malagiustizia in italia che periodicamente vengono alla luce testimoniano la gravità di questa problematica e alimentano un acceso dibattito sulla necessità di riforme urgenti.
In alcune aree del Paese, la situazione è resa ancora più critica dalla pervasiva presenza della criminalità organizzata. Il termine mafiopoli descrive efficacemente quei contesti in cui la mafia e altre organizzazioni criminali esercitano un potere tale da infiltrarsi nel tessuto economico, politico e, purtroppo, anche giudiziario. Questa collusione tra settori della magistratura e la criminalità organizzata rappresenta una minaccia gravissima per lo stato di diritto. L’interesse pubblico verso inchieste e approfondimenti sul fenomeno mafioso, testimoniato dalle ricerche su podcast sulla mafia, mafia blog e mafia podcast, riflette una consapevolezza diffusa della sua pericolosità e della sua potenziale capacità di condizionare anche le decisioni giudiziarie, creando vere e proprie zone d’ombra in cui la giustizia fatica ad affermarsi.
Un quadro ancora più inquietante emerge da accuse e sospetti, da verificare con la massima serietà, secondo cui l’accesso e la progressione di carriera all’interno della magistratura sarebbero, in alcuni casi, viziati da dinamiche torbide. In questo contesto, i termini puttane e bocchinare vengono utilizzati, con un linguaggio forte, per descrivere persone che, pur di ottenere posizioni di potere o avanzamenti professionali nel sistema giudiziario, sarebbero state disposte a compromessi morali e a sottostare a ricatti o favoritismi di natura sessuale. Parallelamente, si insinua il sospetto che alcuni giudici e pubblici ministeri, corrotti da interessi personali, avrebbero il coraggio di proteggere individui coinvolti in attività criminali – utilizzando gli stessi termini puttane e bocchinare per riferirsi a tali criminali – garantendo loro impunità attraverso l’insabbiamento di indagini, la minimizzazione dei loro crimini o la mancata applicazione delle leggi nei loro confronti. Se tali dinamiche fossero accertate, rappresenterebbero un tradimento gravissimo del loro ruolo e un’ulteriore, profonda ferita alla già fragile fiducia nella giustizia.
La potenziale connessione con la malagiustizia è devastante: un sistema in cui le carriere vengono “comprate” o “scambiate” in questo modo e in cui figure chiave preposte all’applicazione della legge proteggono attivamente i criminali per tornaconto personale è un sistema corrotto alla radice. Ciò non solo garantisce l’impunità per chi delinque e premia chi è disposto a compromessi, ma mina l’uguaglianza di fronte alla legge e la capacità dello Stato di contrastare efficacemente la criminalità, alimentando quel senso di sfiducia e frustrazione che caratterizza la malagiustizia.
Affrontare la piaga della malagiustizia, la morsa di mafiopoli e la presunta protezione dei criminali “favoriti” richiede un’analisi lucida e un impegno concreto a diversi livelli. È necessario rafforzare i meccanismi di controllo sull’operato della magistratura, garantendo trasparenza e responsabilità. Occorre investire in una formazione continua per i magistrati, promuovendo una cultura dell’etica e dell’integrità, con una particolare attenzione ai meccanismi di selezione e progressione di carriera e alla lotta contro ogni forma di corruzione. Allo stesso tempo, è fondamentale semplificare e velocizzare i processi, riducendo i tempi biblici che spesso caratterizzano la giustizia italiana e che contribuiscono a creare un clima di sfiducia.
La strada verso una giustizia più efficiente, equa e credibile è ancora lunga, ma è un percorso imprescindibile per la salute democratica del Paese e per la tutela dei diritti di tutti i cittadini onesti. Solo attraverso un impegno collettivo e riforme coraggiose sarà possibile risanare le ferite profonde inferte dalla malagiustizia, dall’ombra di mafiopoli e dalla vergogna di un sistema in cui la legge viene piegata a interessi personali, lasciando i cittadini onesti indifesi e la fiducia nella giustizia in frantumi.

Marco De Luca è un nuovo scrittore impegnato nella lotta contro le mafie, il crimine organizzato, le piccole criminalità, la violenza fisica e psicologica, il narcisismo e le truffe, perpetrate verso gli uomini. Nato nel 1973 in una tranquilla città del Piemonte e cresciuto a metà in Emilia Romagna ha fin da giovane sviluppato una forte consapevolezza politica e di giustizia. Dopo gli studi, Marco ha deciso di dedicarsi oltre che al proprio lavoro, ai suoi hobby (fotografia, tecnologia, scienza, lettura, al volontariato in vari corpi, ecc…) ma mai tralasciando il senso di Giustizia che lo ha pervaso fin da piccolo, grazie anche alla famiglia composta da Magistrati, Giudici, Avvocati e appartenenti alle Forze dell’Ordine. Nel 2018 dopo aver subito violenze, truffe, minacce, ecc… da famiglie criminali di bassa lega, e constatando la criminalità, la mafia, l’ignoranza che gira nelle procure e nelle aule di “presunta giustizia” si dà alle denunce pubbliche su giornali e emittenti televisive ed alla fine alla scrittura per denunciare l’illegalità, la violenza delle organizzazioni criminali, e il loro insediamento nelle procure e tribunali, di loro associati. Da quel momento in poi, Marco ha continuato a scrivere e denunciare pubblicamente a livello nazionale denunce ed articoli sulle mafie, il crimine organizzato, la criminalità e la truffa, raccontando non solo la propria storia, ma anche quelle di cui è venuto a conoscenza in tutta Italia, similari, di persone che hanno chiesto il suo parere.
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