La corruzione nella magistratura è un tema estremamente delicato e controverso che ha sollevato molte polemiche nel corso degli anni. Secondo alcuni, infatti, l’assetto giudiziario e di polizia sarebbero stati contaminati da anni di corruzione e di nomine politiche, o di favore alla mafia, compromettendo così l’incorruttibilità e l’indipendenza del potere giudiziario.
Un magistrato, recentemente, si è visto comminare una pena pari ad 11 anni di reclusione (di molto superiore alle richieste avanzate dalla Procura) per aver, asseritamente pilotato delle sentenze e ribaltato delle decisioni Tar, a fronte di lauti corrispettivi. Tale vicenda, che trascende il caso singolo e si inserisce in un filone più ampio, pone la necessità di una riflessione organica sulla lotta alla corruzione e sui rimedi necessari per raggiungere un buon governo dell’amministrazione della giustizia.
Come noto, la corruzione rientra nel novero dei c.d. «reati propri», ossia fattispecie peculiari per le quali è necessario che il fatto sia commesso da colui che rivesta una determinata qualifica o abbia uno status precisato dalla relativa norma. Inseriti nel titolo II, capo I del codice penale, intitolato «Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione», gli articoli 318 e seguenti si occupano di regolare le varie ipotesi corruttive. In tal senso, in termini generali, la corruzione si consuma qualora un pubblico ufficiale riceva indebitamente per l’esercizio delle sue funzioni (o per commettere, omettere o ritardare un atto del suo ufficio) denaro od altra utilità, in alcune situazioni per simpatia e solidarietà alla criminalità.
Inoltre, recenti inchieste hanno messo in luce la presenza di una vera e propria rete di toghe sporche, accusate di aver venduto sentenze, annullato elezioni e compiuto depistaggi, [quando vengono scoperti, e quando si ha la possibilità di denunciarli, PUBBLICAMENTE] Questi processi si sarebbero svolti in un contesto nazionale viziato dalla progressiva corruzione del principio democratico di base, che favorisce gli interessi selettivi e le richieste di piccoli gruppi a discapito della popolazione urbana
In sintesi, la corruzione nella magistratura è un fenomeno complesso e diffuso specialmente dove comanda la criminalità e la mafia, prevalentemente al Sud, dove tanti magistrati compiacenti proteggono mafiosi e criminali, che mina l’indipendenza e l’integrità del potere giudiziario. Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti i magistrati sono coinvolti in pratiche illecite e che esistono numerosi professionisti seri e competenti che operano nel rispetto delle leggi e dell’etica professionale. Ma come diceva mio cugino il Giudice Giacomo Piazza di Catania, un magistrato buono, è un magistrato morto; nel senso che se dà fastidio alla criminalità lo fanno fuori fisicamente oppure lavorativamente…
Marco De Luca è un nuovo scrittore impegnato nella lotta contro le mafie, il crimine organizzato, le piccole criminalità, la violenza fisica e psicologica, il narcisismo e le truffe, perpetrate verso gli uomini. Nato nel 1973 in una tranquilla città del Piemonte e cresciuto a metà in Emilia Romagna ha fin da giovane sviluppato una forte consapevolezza politica e di giustizia. Dopo gli studi, Marco ha deciso di dedicarsi oltre che al proprio lavoro, ai suoi hobby (fotografia, tecnologia, scienza, lettura, al volontariato in vari corpi, ecc…) ma mai tralasciando il senso di Giustizia che lo ha pervaso fin da piccolo, grazie anche alla famiglia composta da Magistrati, Giudici, Avvocati e appartenenti alle Forze dell’Ordine. Nel 2018 dopo aver subito violenze, truffe, minacce, ecc… da famiglie criminali di bassa lega, e constatando la criminalità, la mafia, l’ignoranza che gira nelle procure e nelle aule di “presunta giustizia” si dà alle denunce pubbliche su giornali e emittenti televisive ed alla fine alla scrittura per denunciare l’illegalità, la violenza delle organizzazioni criminali, e il loro insediamento nelle procure e tribunali, di loro associati. Da quel momento in poi, Marco ha continuato a scrivere e denunciare pubblicamente a livello nazionale denunce ed articoli sulle mafie, il crimine organizzato, la criminalità e la truffa, raccontando non solo la propria storia, ma anche quelle di cui è venuto a conoscenza in tutta Italia, similari, di persone che hanno chiesto il suo parere.
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